LETTERA A GORIZIA

LETTERA A GORIZIA

di KATARINA VISINTIN

Caro Gorica,

Ti scrivo dopo aver fatto una visita guidata a Rashtel. Hanno raccontato storie di persone che ci hanno sempre vissuto, lavorato e perseverato con le loro piccole botteghe, botteghe, ricordi. Ho camminato per le vecchie strade, che oggi sono tornate a vivere. Ed è stato allora che ho capito quanto sei davvero ricco mentalmente e ancora vivo. Gorica… Se solo tutti sapessero cosa stai nascondendo.

Non ti conoscevo davvero da bambina, ma negli ultimi anni ho iniziato a scoprirti in modo diverso, da dentro, pian piano, durante le commissioni e le passeggiate di tutti i giorni. Ora sono al quarto anno di università qui. E sì, a volte mi dà sui nervi, soprattutto quando non riesco a trovare parcheggio (spero libero). Ma poi, quando lascio l’auto da qualche parte e esco in strada, qualcosa cambia. Quando cammino lungo Korzo, lungo la via Verdi, attraverso Travnik, lungo Raštel fino al castello, passando davanti a librerie, negozi e tavolini, all’improvviso mi sento semplicemente bellissimo… e sempre in un posto identico.

Gorica, c’è qualcosa di contraddittorio in te. Sei calmo, quasi riservato, e allo stesso tempo sai essere aperto, luminoso, pieno. A volte mi sembra che tu sia in un dialogo silenzioso con te stesso. Ma questa è anche la tua bellezza. Nascosti in ferite che forse non avrete mai rimarginato, nei cittadini, alcuni particolari, alcuni vivaci, o semplici e pacifici, alcuni polemici; nelle strade che si riempiono di nuovo nell’abbraccio di palazzi ristrutturati, nelle piazze che hanno ripreso vita. Le tue pareti portano strati di verità diverse, le tue bacheche di più lingue, le tue persone hanno più ricordi che spesso non tornano. E tutto respira insieme. Il tempo passa, eppure in te sembra che ogni passo porti con sé il passato. A volte vorrei essere stato più coraggioso.

Siete una città con una ricca cultura, con una lunga storia, con tutti i tipi di storie, con persone diverse, un crocevia di culture e lingue. Sei una città sopravvissuta al confine, alla guerra, al silenzio, all’oblio. E se c’è una cosa vera, è che sei ancora qui, ora con tua sorella Nova Gorica, la Capitale Europea della Cultura. Per molto tempo avevano vissuto dalla loro parte del confine, ora camminano l’uno verso l’altro, riservati, cauti. Possono essere come il carbone dopo un incendio: calmo a prima vista, ma se lo tocchi con il palmo della mano, senti il calore ancora bruciare. Non pericoloso, non ostile. Uno di quei tepori che ci ricordano che qui una volta qualcosa stava bruciando.

Gorica, c’è qualcosa di molto umano nel tuo silenzio, qualcosa che non cerca l’attenzione, ma ha un peso. La tua contraddizione non è una debolezza, è un punto di forza. Sei la prova che uno spazio può rimanere una domanda senza risposta e una casa allo stesso tempo. Che la storia possa covare e lasciare spazio a qualcosa di nuovo: all’incontro, alla convivenza senza fusione, alla vicinanza senza rinuncia. E forse questo è il tuo lavoro. Non per dimenticare, ma per insegnare come un confine possa diventare un luogo di pace. Per mostrare come convivere con le ferite, come convivere nel rispetto reciproco, come sedersi in una piazza, tra due città, e sapere che si è a casa.

Ma sai, Gorica, sarò onesto con te. A volte sei pesante, non come un peso, più come qualcosa che non sa a cosa appartiene e verso cosa camminare; Come un posto che cammina in punta di piedi, forse perché ha paura di disturbare qualcuno, forse perché è troppo difficile da affrontare. Mi sembra che tu abbia vissuto a memoria per molto tempo, e che il futuro ti spaventi un po’ di più. A volte mi chiedo se il tuo attaccamento alla storia non sia anche una trappola, come se ti aggrappassi alle tue ferite per giustificare il silenzio, come se fosse più facile raccontare che vivere.

E mentre stiamo risuscitando, restaurando, preservando ciò che è giusto e necessario, dimentichiamo di guardare avanti.
Dimentichiamo che il futuro è qualcosa che si costruisce adesso, che è portato da coloro che non sono ancora scritti nei libri, che non hanno ancora monumenti o strade intitolate a loro. E’ portata da noi giovani, nei quali dovete avere fiducia, nei quali dovete credere. Forse a un certo punto la domanda dovrebbe essere posta in modo diverso: non solo cosa sei già stato, ma cos’altro puoi diventare? Per chi sei disposto ad aprire uno spazio? Chi sei disposto ad ascoltare? Sei pronto a dare una mano al dialogo intergenerazionale? Se vuoi essere un luogo di incontro, allora non solo tra culture, ma anche tra generazioni. Siate non solo custode della memoria, ma anche compagno di chi guarda al futuro.

Non si tratta di rimprovero, si tratta di speranza. Osare un po’ di più. Essere non solo un luogo in cui si parla di storia, ma anche un luogo in cui il futuro si fa sentire, non come una promessa lontana, ma come qualcosa che sta accadendo ora.

Gorica, tu non sei perfetta, ed è per questo che ti amo. Perché so che sei sincero nella tua indecisione. Perché so che sei silenzioso ma presente. Perché so che tu sei capace di essere un luogo di contraddizione e quindi un luogo di incontri.

Mi fido di te.