Leggo spesso sui media italiani del “Muro di Gorizia”, che avrebbe dovuto essere eretto nel 1947, 14 anni prima della costruzione del Muro di Berlino.
Sono nato nel 1952 e da allora vivo a Gorizia, e da trent’anni a soli una ventina di metri dal confine, in via Škabrijelova, l’arteria principale che collega la città con Nova Gorica. Ma non ho mai visto il Muro di Gorizia, non l’ho mai notato… È vero, c’era una “frontiera”, ma era la solita frontiera, con i soliti controlli – come con l’Austria e altri paesi limitrofi. Forse la particolarità era nel “lasciapassare”, un permesso di transito che dal 1955, con la sottoscrizione dell’Accordo di Udine, ha reso più agevole l’attraversamento del confine da parte dei residenti della zona di confine.
Il 22 novembre 1989, a soli 13 giorni dalla caduta del Muro di Berlino, Gianfranco Fini, l’allora segretario del MSI, venne da noi con una mazza in mano per abbattere il Muro di Gorizia. Chiedeva ai passanti: “Dov’è il muro? Dov’è il muro di Goriška?” Non trovandola, urtò il cordolo di cemento che portava la rete tra via Catterini e l’odierna “piazza comune delle due Gorizie” (piazza Europa per i goricensi e piazza Transalpina per i goriziani). L’invisibile “muro di Goriška”, se mai è esistito, cadde il 13 agosto 1950, in occasione della cosiddetta “Domenica delle scope”.
Perché ho menzionato questo fatto? Perché “Gorizia e Nova Gorica” era un termine tangibile nella storia del dopoguerra, durante la Guerra Fredda, in un mondo diviso in due blocchi. frontiere aperte” tra l’Italia e quella che allora era la Jugoslavia. Erano un simbolo di apertura, una soglia a doppio senso in un mondo diviso all’epoca.
Anche per questa specificità, le “città gemelle del Siamese” sono state nominate “Nova Gorica – Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025”!
E’ vero che le tragedie del periodo fascista e del dopoguerra (deportazioni, esecuzioni, divieti dell’uso della lingua slovena, tentativi di cancellare la comunità slovena, poi foybes, esodi, ecc.) hanno lasciato ferite profonde nella popolazione locale, sia italiana che slovena e friulana. Tuttavia, già nel 1947, subito dopo l’inizio della formazione di Nova Gorica, la volontà di “aprirsi”, rimuovere le barriere e cooperare era evidente da una parte e dall’altra del confine.
Ci sono persone e organizzazioni nel mondo che stanno cercando di costruire muri, ma ci sono anche quelli che stanno cercando di costruire ponti, connessioni, relazioni tra le persone – nel riconoscimento della loro diversità. Dal 1947, anno di fondazione di Nova Gorica, alcuni hanno costruito muri e recinzioni, ma allo stesso tempo molti hanno costruito, anche nei momenti decisivi della Guerra Fredda , ponti: concreti e simbolici, con il segno dell’abolizione delle frontiere e della cooperazione transfrontaliera.
Tra questi architetti di ponti ci sono molte “persone di Gorica e Novi Gorica”. E in questo collegamento transfrontaliero di “ponti” – secondo l’esperienza personale delle pratiche del funzionamento del Centro culturale di Gorizia – le organizzazioni slovene dei paesi vicini non sono mai rimaste a guardare e hanno aspettato il 2025 per tessere legami transfrontalieri e attuare una frontiera aperta. I contatti transfrontalieri, la cooperazione transfrontaliera, sono letteralmente scritti sulla nostra pelle, fanno parte della nostra vita quotidiana, cioè una molecola di DNA, un vettore delle nostre informazioni genetiche transfrontaliere.