LA NOTTE DI SAN GIOVANNI, ANTICHI RITI TRA MAGIA E RELIGIOSITA’

LA NOTTE DI SAN GIOVANNI, ANTICHI RITI TRA MAGIA E RELIGIOSITA’

di SARA TERPIN

 

La notte tra il 23 e il 24 giugno è nella tradizione di diverse popolazioni europee una notte magica: si celebra il solstizio d’estate, che nel mondo cristiano è diventata la festa di San Giovanni, spostando la data delle celebrazioni di qualche giorno.

In Slovenia la festa del Santo cristiano si è sovrapposta a riti pagani antichissimi, al cui centro vi era Kresnik (“Svetovit” per gli antichi slavi), divinità del sole. Anche grazie all’assonanza dei nomi, presso gli sloveni il cristianesimo ebbe gioco facile a sostituire la figura di Kresnik con quella del Battista, che in sloveno si chiama “Krstnik” (da “krst” = battesimo). L’antica divinità di Kresnik è stata quindi soppiantata da quella di Janez Krstnik, ma ciò non è bastato a cancellare tutta una serie di riti e usanze di origine pagana, con innumerevoli varianti nelle singole regioni slovene. Secondo l’etnologo Niko Kuret, la straordinaria ricchezza dei riti della notte di San Giovanni è come una sorta di sezione trasversale della storia umana che ne rivela le stratificazioni attraverso i millenni.

“Šentjanževo” o “noč svetega Ivana” (“notte di San Giovanni) è una festa ancora molto sentita in Slovenia, ma anche nei paesi oltre confine dove vive la comunità slovena: così ad esempio in Benečija, dove durante questa magica notte in molti paesi vengono accesi grandi falò, chiamati “kries” (“kres” in sloveno  –  da notare l’assonanza con Kresnik).

Uno dei kries più famosi è quello di Tribil Superiore – Gorenji Tarbij, la frazione più alta (650 m slm) del comune di Stregna – Sriednje, dove vive una quarantina di abitanti, che però mantengono viva la tradizione e i riti che sono stati tramandati da nonni e bisnonni, che a loro volta ripetevano antichi gesti, spesso senza conoscerne il significato più profondo.

Da dove arriva in effetti la tradizione del kres e per quale motivo questi fuochi vengono accesi la notte tra il 23 e il 24 giugno? Durante il solstizio d’estate il sole raggiunge il suo apice, ma ciò significa anche che a partire da questo punto la sua forza andrà diminuendo giorno per giorno. Desiderio dell’uomo era quello di prolungare il più possibile il potere del sole, “aiutandolo” e dandogli forza con l’accensione di grandi fuochi, di solito sulle alture, affinché potesse essere il più vicino possibile al cielo.

In molti paesi la raccolta stessa del materiale da ardere rappresenta una sorta di rituale: i giovani vanno di casa in casa a raccogliere legno di scarto e ramaglie e tutte le famiglie devono contribuire in base alla propria disponibilità.

Secondo l’usanza, intorno al kres si balla e si canta (anticamente si trattava di canzoni rituali di origine pagana inneggianti al sole), ma anche si salta oltre il fuoco per sfruttare i suoi poteri di purificazione. Oltre al kres si usava accendere anche “ruote infuocate”, che si facevano rotolare giù dalle colline, o le “šibe”, tavolette di legno infuocate lanciate in aria, conosciute anche dalla tradizione friulana sotto il nome di “cidulis” (che però vengono lanciate per il solstizio d’inverno). Il lancio della “šiba” viene accompagnato da invocazioni ai santi, dediche alla ragazza amata o critiche ai compaesani.

Oltre al kries, un’altra particolarità dei riti di San Giovanni a Tribil Superiore – Gorenji Tarbij sono i “križci” (croci) e “krancelni” (ghirlande), che vengono intrecciati con fiori ed erbe selvatiche particolari e poi appesi alla porta d’ingresso delle case per proteggerle. La leggenda dice che San Giovanni stesso passerebbe poi a benedire queste ghirlande, le cui erbe vengono bruciate per scongiurare i temporali.

L’usanza delle coroncine di San Giovanni (“venčki Svetega Ivana”) è ancora viva e molto amata anche presso altre comunità slovene, dal Collio al Carso. Negli ultimi anni sono diventate molto popolari le coroncine di San Giovanni di Štanjel, che nel 2000 hanno ottenuto un riconoscimento importante: sono state iscritte nell’Inventario del patrimonio culturale sloveno.

Le coroncine non sono fatte con fiori qualsiasi, bensì con piante specifiche, ben codificate dalla tradizione, con alcune caratteristiche in comune: sono dotate di proprietà terapeutiche, i lori fiori sono a forma di stella e il colore prevalente è il giallo. Tutti aspetti che rimandano al sole e alla divinità che per gli antichi slavi lo rappresentava: Kresnik.

Secondo la tradizione, i poteri di queste piante vengono ulteriormente potenziati proprio durante il solstizio d’estate, assumendo caratteristiche “magiche”. Le piante più “tipiche” dei riti di San Giovanni sono l’iperico (chiamato “šentjanževka”, erba di S. Giovanni), la barba di capra (Aruncus Dioicus, in sloveno “navadno kresničevje”), la margherita (che in sloveno si chiama “ivanjščica”, fiore di S. Giovanni), il sambuco e soprattutto la felce. Si dice che chi ha in tasca dei semi di felce la notte di S. Giovanni riesce a capire il linguaggio degli animali (il che avrebbe anche un significato divinatorio, in quanto, secondo la tradizione, in questa notte gli animali parlano di come sarà il futuro). In alcuni paesi si ricoprono di felce i pavimenti della casa e della stalla, perché San Giovanni vi si sdraierà per dormire, portando così benedizione a tutta la famiglia.

Le erbe raccolte durante la notte di San Giovanni, fatte macerare in acqua, olio o alcool, diventano dei medicinali da usare durante tutto l’anno. I resti dei fiori e degli steli usati per intrecciare le coroncine non si buttano via, ma vengono fatti ammollare in acqua che, secondo la tradizione, viene poi usata per lavarsi perché ha proprietà ringiovanenti.

Oltre al fuoco e alle erbe, l’acqua è un altro elemento portante dei riti legati alla notte di San Giovanni. Secondo la tradizione, in questa notte tutte le fonti d’acqua diventano “benedette” e l’immersione in esse porta salute e benessere. Anche la rugiada ha un potere magico: in Benečija, così come in alcuni paesi in Slovenia, le donne la notte di S. Giovanni stendono un panno sull’erba per raccogliere la rugiada. La mattina dopo strizzano il panno e conservano il prezioso liquido in boccettine da usarsi all’occorrenza come medicinale.

Il solstizio d’estate era anche un’occasione per prevedere il futuro. Ci sono stati tramandati innumerevoli riti di divinazione utilizzati in varie regioni della Slovenia. I più diffusi sono quelli praticati dalle ragazze per sapere quando e con chi si sposeranno. Secondo una tradizione della valle del Vipava (Vipacco) a mezzanotte della notte di San Giovanni, mettendo un secchio d’acqua sotto la finestra, la ragazza vi avrebbe scorso il volto del futuro marito.

Un’altra usanza, legata anche al culto della fertilità, è quella di piantare in un vasetto dei semi di grano. In base a come germogliava, si poteva predire se in casa ci sarebbero stati eventi lieti o tragici.

Questa notte magica era anche propizia per trovare tesori nascosti. Estirpando a mezzanotte una piantina di felce, vi si poteva trovare, infilato sulla radice, un anello d’oro. Secondo un’antica tradizione popolare, camminando a mezzanotte con in tasca una costola di rana, tre granelli di sale e il pelo di nove gatti, sarebbe apparsa una piccola luce verde che avrebbe guidato il fortunato verso un enorme tesoro.

Una figura particolarissima dei riti di San Giovanni in Slovenia è quella delle “kresnice” o “ladarice” (dal nome della dea slava Lada, protettrice dell’amore e della salute). Secondo quest’usanza, oggi conservata soprattutto nella regione della Bela Krajina, piccoli gruppi di ragazze vestite di bianco e con il volto coperto da un fazzoletto la notte vanno cantando per i campi, accompagnate da un ragazzo che suona il flauto, e quando arrivano in paese, fanno visita a tutte le case, senza smettere mai di intonare canti di benedizione per gli uomini e il raccolto. In cambio ricevono in dono cibo o denaro, che utilizzano alla fine della festa di San Giovanni in un banchetto conviviale.

Originariamente questo rito non si svolgeva solo la notte di San Giovanni, ma anche in quelle precedenti: secondo la tradizione, infatti, i campi e il raccolto andavano protetti dalle forze del male che nel periodo intorno al solstizio d’estate erano particolarmente insidiose.

Le kresnice, come gli altri riti del solstizio d’estate diffusi tra gli sloveni, rispecchiano una cultura contadina fortemente legata ai cicli della natura, in cui la sopravvivenza dipendeva dal raccolto, che bisognava proteggere ad ogni costo. La mescolanza di elementi cristiani e pagani non fa che aumentare il fascino di queste usanze, in cui possiamo trovare, occultate dalla patina del tempo, tracce di un passato antichissimo che ancora oggi rivive ogni anno, per un’unica, magica notte.



Articolo originale in Italiano.