di ANDREA BELLAVITE
Dopo l’esperienza ancora in corso della capitale europea della Cultura, c’è chi propone di superare definitivamente gli steccati del passato, pensando a una città unica, in un territorio appartenente a due diversi Stati.
E’ proprio necessario unificare le due realtà, tenuto conto delle grandi differenze che le caratterizzano? Una è nata meno di ottanta anni fa, dell’altra si ha menzione da oltre mille anni ed è sicuramente ben più antica rispetto al famoso documento ottoniano del 1001. Una è costruita sulla base di una serie di piani regolatori moderni, che si sono succeduti nel corso della seconda metà del XX secolo. L’altra conserva ancora un centro storico medievale e rinascimentale, anche se l’espansione edilizia del Novecento l’ha profondamente trasformata. Una è nata grazie al supporto delle brigate accorse da ogni Stato della Federazione Jugoslava, l’altra presenta un affascinante miscuglio di storie, lingue e diverse culture.
La soluzione potrebbe stare nel concetto di “congiunzione”. Quando due persone si congiungono, formano indubbiamente un nuovo soggetto, ma questo non impedisce a ciascuna di continuare a essere ciò che era prima. Anzi, proprio dalla congiunzione, i due protagonisti si sentono valorizzati e arricchiti, dal momento che le caratteristiche dell’uno si integrano con quelle dell’altro.
Nova Gorica e Gorizia, se si percepiscono non più come città divise, neppure come unite, bensì come congiunte, possono diventare un punto di riferimento culturale importante per l’intera Europa. Dovrebbero essere al centro di un’ampia area che grosso modo si potrebbe identificare con il bacino dell’Isonzo e dei suoi numerosi affluenti.
Potrebbero collegarsi costruttivamente con le aree turistiche marittime e montane dell’Alto Adriatico e delle Alpi Giulie, essere il punto di unione tra le zone industriali di Monfalcone, Ajdovščina e Rožna dolina, valorizzare la straordinaria varietà linguistica e culturale.
Mentre si approfondiscono proposte burocratiche riferite al tentativo di ampliare i confini della già esistente provincia di Gorizia, perché non guardare in avanti e proporre un nuovo ente amministrativo internazionale in grado di interloquire direttamente non soltanto con i rispettivi Stati ma anche con l’Unione Europea? Anzi, a ben vedere l’organismo già esiste ed è il GECT/EZTS che ha già dimostrato il proprio valore ideale e le notevoli capacità organizzative in occasione della complessa realizzazione dell’Evropska prestolnica kulture. Se fosse allargato a tutte le entità amministrative di un territorio che va dal passo del Predil a Duino, dallo spartiacque di Razdrto ad Aquileia, comprendendo anche le valli del Natisone, il GECT/EZTS isontino coinvolgerebbe ben più di centomila persone e si potrebbe proporre come un soggetto originale e innovativo a livello continentale.
I temi da trattare sono tanti, collegati proprio alla particolare vocazione di un territorio plurilingue e pluriculturale. Le vicende delle due guerre mondiali, delle dittature e del fascismo hanno lasciato il posto a un lungo cammino di ricostruzione di relazioni e di opportunità. La tappa del 2025 può essere il fondamento di un luminoso futuro, con le radici culturali affondate nella trimillenaria storia aquileiese, lo sguardo attento sul presente e la capacità di guardare a un futuro sostenibile e avvincente.
Il lavoro, l’ambiente, la formazione, la ricerca scientifica, la mobilità, la reciproca integrazione tra le diverse componenti del territorio, la cultura e tanto altro potrebbero costituire i grandi temi intorno ai quali costruire una nuova e interessante concezione dell’abitare, nella pace e nell’accoglienza, nel cuore dell’Europa.